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Le giornate professionali di Riccione


di Michele Lo Foco

Le giornate professionali di Riccione e di Sorrento sono l’unica vera occasione professionale per valutare lo stato di salute del cinema e delle Sue componenti.

Quasi tutti i distributori presentano i loro listini, composti in parte da acquisti ed in parte da produzioni, e cercano di impressionare gli esercenti che occupano in massa l’immenso salone del Centro Congressi di Riccione o dell’Hilton di Sorrento.

L’esercente di base è un commerciante con la sua bottega e cerca di capire quali siano i prodotti da esporre che gli consentano di guadagnare: lo fa esaminando i trailer dei film ed ascoltando le parole dei direttori commerciali che esaltano la bontà del loro listino. Gli applausi sono un primo metro di valutazione del gradimento del prodotto.

Le giornate vengono introdotte da un convegno nel quale, sotto la direzione del bravissimo editore Vito Sinopoli, si esibiscono i vertici del nostro cinema, e che anno dopo anno ripetono stancamente le loro tesi ottimistiche, arrivando a valutare come eccezionale la stagione in corso.

In realtà difendono il loro operato, che trova una controprova nello stato miserabile del fatturato dei film italiani giunto proprio durante Riccione al 7% di quello nazionale mentre quello americano è al 74%. E’ paradossale il divario che separa il palco dalla platea: sul palco si esalta la bravura del nostro cinema, di RAI Cinema, dei produttori principali, dell’Anica, mentre la platea è composta da operatori che non capiscono il miracolo, si preoccupano di come pagheranno la stanza d’albergo e contano esclusivamente sui prodotti americani.

La legge Franceschini ha creato questi paradossi, con pochi produttori baciati dal tax credit e dalla RAI e molti produttori alla ricerca di qualche sostegno, i primi nei grandi alberghi circondati da solerti funzionari ed i secondi nelle pensioni pur confortevoli della riviera.

Le cifre non contano più nulla: Bellocchio per il suo film “Rapito” dichiara un costo di euro dodicimilioniseicentomila mentre il maestro Avati non supera i tre milioni per l’ultimo film “La quattordicema domenica del tempo ordinario”: una differenza di quasi diecimilioni di euro! Difficile da credere!

Come sia possibile che “La Chimera” della Rohrwacher dichiari un costo di quasi diecimilioni di euro e la Coltellesi, neo regista, di quasi nove, lo sanno solo i produttori, che evidentemente non devono fare i conti con i ricavi, che non bastano di solito nemmeno per pareggiare le cene al ristorante, ma che si preoccupano solo del tax credit.

Il cinema non è più un’attività commerciale per i nostri operatori, se il primo film in classifica al decimo posto è un documentario sulla Carrà distribuito per 3 giorni dalla Nexo!

A Franceschini ed i suoi seguaci è rimasto solo il convegno che introduce le Giornate Professionali: lì sono autorizzati ad autocelebrarsi nella speranza che nessuno li ascolti.

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