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Immagine del redattoreEdoardo Sirignano

Marcianò: «Il Governo faccia presto, agenti 50enni senza lavoro vivranno di reddito di cittadinanza»


Nino Marcianò, presidente associazione nazionale della Fiarc (Federazione Italiana Agenti Rappresentanti Commercio) di Confesercenti, in un’intervista esclusiva rilasciata a Spraynews, sostiene i problemi di una categoria, in cui lo Stato ritarda a intervenire e dove sono in tanti a preferire il reddito di cittadinanza alle difficoltà della quotidianità, legate alla carenza di aiuti concreti e immediati.


Quale lo stato di salute della sua categoria?


«C’è bisogno di tutelare e salvaguardare una categoria che ad oggi rappresenta più di 200mila colleghi, ma che negli ultimi anni ha avuto un saldo negativo tra nuove iscrizioni e cancellazioni. Quando parliamo di categoria mi riferisco agli agenti di commercio, ai consulenti finanziari e ai promotori finanziari, quindi di un qualcosa di importante per tutto il mondo dell’intermediazione».


Cosa è cambiato dopo la pandemia?


«La nostra è una categoria duramente colpita dal Covid perché essendo venute meno le aziende, mancando il datore di lavoro, col cosiddetto effetto a cascata, sono venute meno le opportunità. Detto ciò, c’è una parte importante del mercato che deve quanto prima riprendersi. Ecco perché serve un intervento immediato a sostegno della categoria».


In che modo possono intervenire le istituzioni?


«Fino a ora non ci sono stati sostegni mirati, efficienti ed efficaci perché siamo passati dalla vecchia fase dei ristori, a quella dei sostegni generalisti. Vi sono, infatti, dei segmenti e dei settori che hanno più bisogno. Pensiamo a tutto il comparto del turismo, che in questi ultimi quasi due anni ha pagato un prezzo altissimo, ma non gli è stato riconosciuto. Per quanto riguarda il nostro mondo, serve finalmente dare certezza agli agenti, che in qualità di imprenditori, devono avere la tranquillità di fare impresa e quindi di vedere tutelata la propria professione, con la speranza che possa riprendersi. Non si può pensare a interventi che guardano all’ordinarietà, ma servono quanto meno azioni a medio termine. Ci riferiamo, quindi, a interventi di natura diversa, fiscali, di sostegno, di supporto, soprattutto finanziaria. La possibilità di avere la certezza che in un momento di difficoltà l’agente possa fare ricorso a finanziamenti con garanzie o meno. Non abbiamo bisogno, infatti, di avere soldi per macchinari o attrezzature. Nel 90 per cento dei casi, gli impianti degli agenti finanziari sono la testa e la salute. Capire come creare una sinergia con le aziende mandanti per avere la continuità e la certezza del prodotto e del mercato, determinando una filiera che coinvolga anche il commerciante, rivenditore di beni e servizi, che diventa anello fondamentale della catena».


Un problema sono i colossi dell’e-commerce. Come intendete muovervi a riguardo?


«Ci aspettiamo che il Governo italiano recepisca, anche se ci sono scadenze che devono essere rispettate, la decisione presa dalla Comunità Europea di tassare i colossi dell’intermediazione al 15%, che non vuol dire fare giustizia, ma almeno che ci sia un orientamento. Non è solo il problema dell’e-commerce in sé, ma di regolamentazione di colossi che guadagnano e incassano in Italia, ma quel poco di tassazione che pagano lo versano all’estero. Va rivisitata, poi, la funzione dell’intermediazione, che non deve essere solo l’occasione in cui si mette insieme chi produce e chi ha bisogno di merce per soddisfare il bisogno della collettività, ma è necessario invece pensare a un meccanismo che sia un elemento di produzione, di reddito e di Pil».


Fare tutto ciò, come si interseca con il ragionamento sul Recovery Plan?


«Determinare quello che avevamo già chiesto lo scorso anno, ovvero un tavolo tecnico con la partecipazione del ministero dell’Economia e delle Finanze, con tutte le strutture del mondo dell’intermediazione per determinare interventi a step, anche con programmazione lunghe, ma con una capacità di disponibilità immediata laddove serve».


Sui tempi, però, almeno per quanto vi riguarda, certezze non sembra ne avete avuto…


«Assolutamente no! La categoria, al suo interno, ha bisogni diversificati. Un collega che lavora con i campionari stagionali vuol dire che investe, produce, opera ora per avere le merci consegnate tra otto mesi/un anno e prendere i soldi tra 18 mesi. Il bisogno e l’attenzione sono quindi diversi rispetto a chi esce di casa, fa l’ordine e dopo una settimana lo ha consegnato».


Se non si interviene, quindi, quante persone rischierebbero di finire in povertà?


«Fino al 2018 vi era un saldo negativo tra gli iscritti e i cancellati dell’Enasarco, che sono un po' il punto di riferimento della categoria, di circa 4mila unità all’anno. Dal 2018 al 2020 l’Enasarco ha perso 18mila iscritti, cioè si è più che quadruplicato il numero di coloro i quali hanno smesso di fare quest’attività».


Questi professionisti, oggi, di cosa si occupano?


«Molti si sono riconvertiti con il rapporto di dipendenza, altri sono a barcamenarsi. Tanti hanno tentato la strada del reddito di cittadinanza. Se non ci sono azioni mirate e meno opache possibili, una categoria, che ha gli appartenenti la cui età media supera i 50 anni, è a forte rischio. Ricominciare, a tale età, diventa impossibile se non inaccettabile».


Che consiglio si sente di dare a un giovane che vuole avvicinarsi alla professione?


«Di cambiare approccio, anche dal punto di vista della mentalità. Iniziare quest’attività non vuol dire tentare una strada o una sorta di welfare sociale. Non deve essere l’ultima spiaggia. Servono molta professionalità, cultura, conoscenza e anche un approccio che non sia riduttivo, ma basato su una struttura di organizzazione complessa, nel senso in grado di mettere insieme chi vende il prodotto, chi vende la promozione, chi vende i servizi. Il cliente deve essere considerato la nostra banca produttiva. Non possiamo pensare che qualcun altro s’inserisca nel nostro lavoro. La formazione è il punto da cui ripartire».


Possiamo dire che l’Italia è indietro rispetto all’Europa?


«Esiste un approccio diverso. Gli agenti in tutto il resto dell’Europa sono considerati non intermediari del prodotto, ma referenti delle imprese. La capacità di percezione che hanno presso la clientela riguarda un’intera struttura aziendale e non l’agenzia».


Nelle ultime ore è in corso la discussione sulle elezioni all’Enasarco. Quale la sua idea?


«Riteniamo semplicemente che tutte le componenti che rappresentano un mondo devono condividere e stare allo stesso tavolo per la difesa della categoria. Non devono esserci attori di serie a e di serie b».


Di Edoardo Sirignano

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