Sono quasi trent’anni che in Italia l'area liberale non ha un preciso riferimento politico, nonostante la presenza di un notevole mondo liberale sul territorio: quando Berlusconi promise la rivoluzione liberale, vinse anche per quello; purtroppo fu un sogno di breve durata.
Oggi le cose potrebbero cambiare: infatti un gruppo di liberali vecchi e nuovi, si è dato un ambizioso obiettivo e, partendo dalla Sicilia all’inizio di dicembre e quasi subito diffondendosi nel resto d’Italia, ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo fondando un nuovo partito che si è dato il nome di DEMOCRAZIA LIBERALE, richiamando emblematicamente la denominazione della corrente interna al PLI degli anni ottanta del secolo scorso, che aveva allora consentito il ritorno dei liberali sulla scena politica.
Il Presidente è un liberale d’antan, Enzo Palumbo, avvocato, già senatore nella IX Legislatura, vicesegretario nazionale del PLI con Alfredo Biondi, poi membro laico del CSM, attualmente membro del Comitato Scientifico della Fondazione Einaudi di Roma; Segretario Nazionale di DEMOCRAZIA LIBERALE è invece un giovane imprenditore di successo, Marco Montecchi, presidente di Montecchi Group e della Camera di Commercio Italiana in Bulgaria, con qualche recente esperienza in altre organizzazioni d’ispirazione liberale.
Noi di SprayNews abbiamo fatto qualche domanda a entrambi, e per presentare il nuovo Partito hanno voluto rispondere all’unisono.
Presidente Palumbo e Segretario Montecchi, come ci potete presentare Democrazia Liberale?
In Italia viviamo da anni in una strana situazione: i partiti hanno smesso di presentarsi come portatori di precise opzioni ideologiche e hanno assunto di volta in volta strane denominazioni, ricorrendo di volta il volta alla botanica (la Quercia, l’Ulivo, la Margherita. La Rosa), alla zoologia (l’Asinello, le Api, il Gabbiano), all’astrologia (l’Arcobaleno, il Sole, 5Stelle), al tifo calcistico (Forza Italia); nel resto d’Europa, invece, i partiti politici fanno orgoglioso riferimento alle idee di cui si sentono portatori.
Noi proviamo a fare l'esatto opposto di ciò che si è fatto sinora in Italia, e quindi, com’è evidente dal nome che abbiamo scelto, vogliamo affermare con forza la nostra identità liberale, e, proprio in quanto liberali, siamo essenzialmente “riformatori”, una parola che sembra sparita dal lessico politico, mentre tutti si sbracciano a definirsi, più o meno, come “riformisti”, che invece è ontologicamente una definizione che appartiene al socialismo democratico, mentre noi siamo e ci dichiariamo “liberali tout court”.
In conseguenza, siamo anche un partito di centro, non già di centrodestra o di centrosinistra, espressioni che ci rifiutiamo di declinare in modo unitario, perché preferiamo riesumare quel trattino che c’era all’inizio e che poi la semplificazione politica e giornalistica ha fatto sparire: ebbene, quel “trattino dimenticato” non è un vezzo, ma ha un profondo significato politico, perché segna insieme una collaborazione possibile tra il centro, che vogliamo rappresentare e le altre ali del continuum politico, ma segna anche una distinzione che ci sembra necessaria per evitare di confondere cose che sono e restano essenzialmente diverse.
Ma una qualche collaborazione con altre forze politiche è pur sempre possibile?
Certo, anche in ragione dell’attuale legge elettorale, che tuttavia vorremmo fosse presto modificata in senso proporzionale per consentire a tutte le opzioni politiche di essere rappresentate, restituendo ai cittadini il diritto di scegliere i loro rappresentanti, che oggi è prerogativa dei vari leader.
In questo momento, sulla base di ciò che sta avvenendo a sinistra, con la prospettiva della sua ricomposizione con la parte più estrema, ci piacerebbe che ci fosse un centro-destra europeista e liberale, certamente non nazionalista, e se proprio di sovranismo vogliamo parlare, che si tratti di un “sovranismo europeo”, che è quello che dovrà connotare il nostro futuro di cittadini italiani ed europei.
Ovviamente, non escludiamo domani di potere collaborare anche con una sinistra diversa, che oggi non c’è e che non è in vista, insomma una sinistra moderata guidata da veri riformisti, come poteva essere quella un tempo di Craxi, poi di Matteo Renzi, un’esperienza, quest’ultima, che ci spiace sia naufragata per avere voluto a tutti i costi mutare gli assetti costituzionali con la riforma del 2016, che, sul piano personale, abbiamo fortemente avversato.
Per ora come è strutturato il vostro neonato partito?
Siamo appena nati, ma siamo già attivi sul territorio: siamo già presenti in oltre 10 regioni italiane, dove abbiamo costituito i coordinamenti regionali e provinciali.
Venerdì prossimo terremo la nostra prima Direzione Nazionale, alla quale parteciperanno alcuni prestigiosi nomi del mondo liberale delle professioni e del giornalismo, e anche qualche ex parlamentare. Per quanto ci riguarda, ci siamo divisi i ruoli, e ognuno di noi prova a rispondere per l’altro: Enzo Palumbo come presidente nazionale rappresenta la tradizione liberale, se si vuole la “parte teorica” di Democrazia Liberale, proprio da Palumbo fondata all’inizio del 2018; Marco Montecchi, nel ruolo di segretario nazionale, rappresenta invece la “parte pratica” del Partito, grazie alla sua importante esperienza di imprenditore, nella quale ha dato prova di essere un capacissimo organizzatore, insomma, la persona giusta per creare e coordinare squadre attive sul territorio, per condurre battaglie nel concreto.
Ecco, quali sono quindi le vostre principali battaglie, a parte quelle naturali per la Società aperta e per libertà del mercato ?
In primis, quella per la Giustizia giusta: con Maurizio Turco e Irene Testa, del Partito Radicale, abbiamo partecipato alla raccolta delle firme per il referendum promosso anche con la partecipazione della Lega: quello con gli eredi di Pannella è stato un incontro molto significativo, che dobbiamo in particolare al nostro amico Aldo Torchiaro, firma del quotidiano Il Riformista.
E cosa pensate del Governo Draghi
Sosteniamo con convinzione il Governo del Presidente Draghi, che ha consentito all’Italia di affrontare con competenza l’emergenza sanitaria e quella economica, restituendo all’Italia un ruolo da protagonista tra le nazioni europee, Intendiamo muoverci proprio nella direzione tracciata da Draghi, e speriamo che possa continuare a guidare l’Italia, nel ruolo che il Parlamento riterrà di destinargli, ancora per molti anni, anche dopo le prossime elezioni politiche.
Il lavoro di un riformatore illuminato come Draghi non deve andare sprecato, e pensiamo che con lui l'Italia potrà proseguire sulla via di una società aperta, basata sul metodo liberale e sull’attenzione alle esigenze sociali, in stretta sinergia col contesto europeo, per l’attuazione del PNRR,, i cui finanziamenti si spingono sino al 2026 e i cui effetti si spiegheranno ben oltre.
A tal proposito, chi sosterreste per la corsa al Quirinale?
Non siamo oggi in Parlamento, e quindi possiamo solo esprimere un auspicio dall’esterno.
Vorremmo un Presidente super partes, uomo o donna che sia, ed è ciò che, all’apparenza, tutti dicono:
Ma vorremmo anche una personalità che si renda in qualche modo garante di un profondo processo riformatore
Grazie mille, Presidente Palumbo e Segretario Montecchi, vi seguiremo con interesse.
E ci chiediamo: riusciranno quindi i nostri amici a ritrovare il liberalismo smarrito in Italia da quasi trent’anni?
Beh, a noi sembra che, con queste premesse, ce la faranno, e sarebbe una bella sorpresa per l’Italia. In bocca al lupo!
di Umberto Baccolo.
Comments